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beh

Grafie giuste e grafie sbagliate

E non si tratta del verso della pecora!

In qualche modo, tutti siamo stati edotti in giovane età dalla canzoncina dello zio Tobia, da un’altra simile o dalla maestra, e ora sappiamo senza ombra di dubbio che la pecora fa “beee” (per noi parlanti italiani almeno – ogni lingua ha la sua versione). Ed è anche semplice da scrivere: non ci sono h, non ci sono accenti, solo qualche e.

 

MA… quello che interessa a noi oggi è un’altra cosa: lasciamo da parte gli animali, e vediamo come gli esseri umani usano, nei loro discorsi, beh/be’, che invece ha assolutamente bisogno di una sola e, un’h oppure un apostrofo.

 

Si tratta di un’interiezione, ovvero di una specie di esclamazione usata per dare enfasi al discorso (ma dopo lo vedremo meglio) e si trova davvero ovunque: la usiamo tutti e la usiamo sempre. Parlando è frequentissima e nemmeno ce ne accorgiamo.

 

Il problema sorge quando dobbiamo scriverla: come si scrive?

 

NON A CASO.

 

Ci sono due modi corretti: se vogliamo e se siamo molto sensibili all’uso della lingua, possiamo anche imparare a distinguerli, ma non è fondamentale (a meno che tu non sia la Penna Rossa).

 

L’importante è NON usare i due modi SBAGLIATI.

 

Perché purtroppo li ho visti e li vedo, ma sono davvero orrendi (non li sopporto nemmeno quando me li scrivono su WhatsApp!): è quasi come se tu preparassi una torta bellissima e buonissima, coperta di glassa liscia e lucente, e un bambino passando ci mettesse il dito dentro. 

L’unica cosa che vedresti (e che vedrebbero le altre persone) a quel punto sarebbe l’orrido segno della ditata… e la glassa perfetta e tutto il lavoro che c’è dietro sarebbero allegramente andati a farsi benedire.

 

Ecco, questo è quello che succede quando lasci degli errori e dei refusi nei tuoi testi: magari hai lavorato molto sul contenuto, ci hai speso tempo ed energie… ma ti sono sfuggiti dei refusi talmente grossi che i tuoi clienti si fissano su quelli.

Ma non temere!

 

La Penna Rossa è qui per te: insieme, ogni settimana, vedremo quali sono gli errori da NON commettere mai scrivendo, per far sì che tutti i tuoi testi siano corretti e interessanti, capaci di tenere i lettori avvinti fino all’ultima parola! E quando li avrai conquistati… te ne chiederanno altri e non andranno a cercarli da un’altra parte!

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E ora, andiamo a scoprire come si scrive beh… e come NON si scrive!

 

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Kelly Sikkema on Unsplash

A COSA SERVE

Be’ nasce come troncamento dell’avverbio bene.

Cosa significa troncamento?
(Abbiamo parlato IN QUESTO ARTICOLO della differenza tra elisione e troncamento, ma per comodità ti riporto la definizione anche qui sotto.)

 

Con troncamento si intende la caduta di vocale (o di sillaba) finale che sia possibile sia davanti a vocale sia davanti a consonante. 

Per farla breve, cade una vocale o una sillaba, indipendentemente dal fatto che dopo ci sia una vocale o meno: viene tolto un pezzo, in questo caso la sillaba finale -ne.

 

Non è sempre necessario segnalare un troncamento tramite un segno grafico; per esempio in Gran Sasso: Gran sta per Grande, ma in questo caso non è necessario segnalarlo, perché forme troncate come gran, bel, buon mantengono la loro distintività e non rischiano di generare confusione.

 

Ma ci sono casi, come il nostro be’ oppure in un po’, in cui è obbligatorio segnalare il troncamento: e lo si fa tramite un apostrofo.

 

Ed ecco quindi il primo modo corretto per scriverlo: BE’.

 

Ma andiamo avanti.

 

Come abbiamo anticipato, be’ è un’interiezione:

Le interiezioni (dal latino INTERIECTIO,-ONIS ‘inserzione, intercalazione’ dal verbo INTERICERE ‘scagliare in mezzo’, a indicare che tali espressioni si posizionano nel mezzo di un discorso senza legami col resto della frase) sono parole invariabili […] che esprimono una reazione improvvisa dell’animo e sono l’unico tipo di categoria lessicale che trasmette il significato di un’intera frase.
(Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di Cardinaletti; Renzi; Salvi, Il Mulino, Bologna 2001)

 

Si tratta quindi di esclamazioni particolari, capaci di riassumere un’intera frase in una singola parola, conferendole una particolare sfumatura.

 

Per esempio:

  • Toh!  = Questa cosa mi sorprende un po’, piacevolmente.
  • Ehi!  = Prestami attenzione.
  • Magari! = Spero proprio che questo avvenga/sia vero.
  • Mah… = Non sono molto convinto, sono in dubbio.
  • Boh = Non ne ho idea.

 

Osserva come sono scritte queste interiezioni: molte di loro terminano in -h.

 

Ed ecco svelata la seconda grafia corretta: BEH!

 

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“Beh sì, ma in realtà no” (esempio pratico di uso del beh)

 

Ma perché? 

 

Pensa al significato di questa interiezione: i modi in cui la usiamo molti, e ogni volta che la usiamo stiamo in realtà esprimendo un concetto ben più complesso di tre semplici lettere.

 

Spesso lo usiamo in modo esortativo:

  • Beh? = Quanto ci metti? Allora? Che stai aspettando?

 

Oppure con una sfumatura avversativa, quasi come fosse un però:

  • Beh, non mi pare proprio il caso.

 

O ancora, nelle risposte, per segnalare incertezza:

  • Cosa pensi del nuovo stagista? Beh, così su due piedi non saprei.

 

In questi casi, il collegamento con la forma originaria bene è più sfumato e si perde un po’: ecco perché si è diffusa la grafia beh, ovvero per uniformarsi con le altre interiezioni.

 

In altri casi invece, beh si riallaccia al significato originario e potremmo quindi sostituirlo (volendo) con bene:

  • Va be’, facciamo come dici tu.
  • Be’, se proprio devi, fallo.
  • Va be’, stavolta hai ragione.
  • Be’ prendiamo entrambi e facciamola finita.

 

Entrambe le grafie sono quindi corrette!

 

 

COME SI SCRIVE

Ricapitoliamo un momento: essendo un’interiezione, sia BE’ che BEH sono grafie accettabili.

 

Se proprio vogliamo fare i puntigliosi e dilettarci con le sfumature della lingua, ricorda che:

 

  • Puoi scegliere di usare BE’ quando potresti sostituirlo con BENE senza alterare il significato della frase.

Esempio: Be’, fallo se devi -> Bene, fallo se devi.

 

  • Puoi scegliere BEH quando invece il collegamento con BENE non si percepisce

Esempio: Beh? Quante volte devo chiamarti?

 

Sta a te; ma comunque ricorda che entrambe le grafie sono corrette.

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Dmitry Ratushni on Unsplash

 

COME NON SI SCRIVE

Va bene che abbiamo due grafie ugualmente corrette… ma si fermano lì! Non ci sono altre alternative accettabili.

 

Eppure… 

… ho visto brutture non da poco.

 

  • BHE: è SBAGLIATO. Punto.

Non esiste alcuna motivazione valida per l’esistenza di questa grafia… quindi è sbagliata.

 

  • BÈ: con l’accento. SBAGLIATO anche questo.

Lo so che nell’uso colloquiale della lingua può capitare… ma è sbagliato. Come abbiamo visto prima, si tratta di un troncamento, e richiede un apostrofo, NON un accento. Non ci sono scuse che tengano.

 

  • BÉ: SBAGLIATO.

Come il punto precedente, ma con l’accento acuto anziché grave: rimane sbagliato.

 

Quindi, segnati queste grafie e non usarle MAI!
(Altrimenti… BACCHETTATE!)

 

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Alexander Andrews on Unsplash

 

 

QUINDI…

Ora sai cos’è e quando si usa beh, e che ha ben due grafie corrette, egualmente accettate (e sai persino riconoscere le due sfumature, volendo). 

Ma soprattutto hai capito come NON devi mai scriverlo: NO agli accenti, e l’h va usata solo al suo giusto posto. 

 

Be’, ora sta a te!

 

Coccola i tuoi testi, dedica loro cura e attenzioni e loro ti ripagheranno il tempo e l’energia spesi: più saranno belli e curati, più si distingueranno dalla massa… e più acquisirai credibilità agli occhi dei tuoi clienti!

 

Sei impaziente di metterti alla prova?

 

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E per scoprire altri errori da NON fare…

…ci vediamo lunedì prossimo!

 

La Penna Rossa

 

BIBLIOGRAFIA

BARATTER P., Il punto e virgola. Storia e usi di un segno, Carocci, Roma 2018.

BECCARIA G.L., Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica, Einaudi, Torino 2004.

BERRUTO G., Corso elementare di linguistica generale, UTET, Torino 2012.

CANNAVACCIUOLO A., Manuale di copywriting e scrittura per il web, Hoepli, Milano 2019.

CERRUTI M., CINI M., Introduzione elementare alla scrittura accademica, Laterza, Roma-Bari 2010.

D’ACHILLE P., L’italiano contemporaneo, Il Mulino, Bologna 2006.

DEL BONO G., La bibliografia, Carocci, Roma 2000.

DELLA VALLE V., PATOTA G., Piuttosto che: cose da non dire, cose da non fare, Sperling&Kupfer, Milano 2013.

FANCIULLO F., Introduzione alla linguistica storica, Il Mulino, Bologna 2007.

EDIGEO (a cura di), Manuale di redazione, Editrice Bibliografica, Milano 2013.

MARTINUCCI A., Guida alla bibliografia internazionale, Editrice Bibliografica, Milano 1994.

MIDDENDORP J., TWOPOINTS.NET, Type Navigator. The Independent Foundries Handbook, Gestalten, Berlin 2011.

MORTARA GARAVELLI B., Prontuario di punteggiatura, Laterza, Bari-Roma 2020.

PENSATO R., Manuale di bibliografia, Editrice Bibliografica, Milano 2007.

SCALA F., Piccolo manuale del correttore di bozze, Modern Publishing House, Milano 2011.

SCALA F., SCHIANNINI D. (a cura di), Piccolo manuale di editing, Modern Publishing House, Milano 2009.

SERIANNI L., Italiano, Garzanti, Torino 2000.

 

SITOGRAFIA

Accademia della Crusca – accademiadellacrusca.it

Campagna a sostegno dell’uso corretto di Piuttosto che – piuttostoche.com

Treccani online – treccani.it

Zanichelli online – dizionaripiu.zanichelli.it

 

GHENO, V., Tutto il mondo è paese: il bello della contaminazione linguistica, 14 luglio 2020, Zanichelli Online https://dizionaripiu.zanichelli.it/cultura-e-attualita/glossario/tutto-il-mondo-e-paese-il-bello-della-contaminazione-linguistica/

 

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