Devi sapere che ho le mie fisse.
Per esempio, avrai capito che non devi toccare i miei gatti altrimenti ti faccio a pezzi le falangi e che non sopporto chi si piange addosso invece di agire.
Oggi invece voglio raccontarti una cosa diversa: adoro la mia squadra. Il Laboratorio dei Sarti è la mia prima casa.
Dentro ci ho infilato persone con cui condividiamo obiettivi, valori, attitudine al lavoro e spesso succose risate.
Ci sono tre tipi di persone che NON voglio veder lavorare nel mio laboratorio:
- Chi vive sulle spalle della propria famiglia
- Chi si aspetta di vincere alla lotteria e cambiare vita
- Chi non ha mai fallito.
Per spiegarti il perché di questo ultimo punto, uso le parole di Richard Branson, che ha accumulato letteralmente centinaia di fallimenti aziendali nella sua vita professionale (e comunque non se la passa male):
“Le persone e le attività generalmente considerate di successo o più fortunate sono di solito anche quelle più pronte ad accollarsi dei rischi e, quindi, a fare fiasco”
Nella mia idea, se non hai mai fallito… non hai mai provato.
E se non hai fallito non hai mai sentito quella frustrazione, quella FAME, che ti permettono di essere forte e determinato di fronte ad ogni sfida o avversità.
Oggi, quindi, ho deciso di far parlare un mio collaboratore: Umberto Masiello, Responsabile Tutor, presente in Laboratorio dal primo giorno.
Siamo amici da 20 anni, ma c’era una storia che non mi aveva mai raccontato, fino a pochi anni fa.
Gli ho chiesto di scriverla per il mio Blog. Ecco le sue parole:
cosa stavo aspettando?
ora lo so: che fosse troppo tardi.
Ma al tempo mi ero attaccato alla parola SPERANZA come uno che si butta dalla finestra di un palazzo in fiamme. Ero convinto che sarebbe successo qualcosa, praticamente un miracolo, e avrebbe salvato la mia azienda. E nel frattempo accumulavo debiti…
Ogni mattina mi svegliavo con l’ansia di dover affrontare un altro giorno pesante, pieno di paura e complicazioni.
La mia società stava andando a rotoli e non capivo cosa potesse salvarla.
Eppure mi ostinavo, ogni giorno, a rifare le stesse cose del giorno prima, pur sapendo che non avevano mai sortito alcun effetto.
Sono laureato in Psicologia. Per oltre 10 anni ho lavorato in strutture sanitarie con casi molto gravi, seguendo persone e famiglie in enorme difficoltà, con anche un discreto successo: molti di loro sono stati meglio, hanno migliorato la loro vita. Alcuni, ancora oggi, ne hanno grande beneficio.
E questa è la parte bellissima del mio vecchio lavoro.
Erano i tempi in cui non avevo alcuna idea di cosa fosse la Comunicazione, la Vendita, e tutto ciò che oggi è il mio lavoro, che amo e mi diverte.
E non sapevo assolutamente nulla di cosa volesse dire fare Impresa, mettersi in proprio, pagare tasse, stipendi, commercialista e compagnia bella.
Eppure un giorno, insieme ad altri due soci (avventati e speranzosi come me), ho aperto una struttura socio-sanitaria all’avanguardia.
Il progetto era bellissimo, tanto che nel giro di meno di un anno attivammo la prima collaborazione internazionale.
Forse non è conoscenza comune, ma quel genere di struttura lavora con due tipologie di clienti:
- Il servizio pubblico (le Aziende Sanitarie Locali)
- I privati
Tuttavia, ai tempi io ero convinto che:
- Il servizio pubblico avrebbe accolto le mie proposte (innovative e uniche) con entusiasmo
- I privati avrebbero fatto la fila per mandare i propri cari a migliorare la propria vita nella mia struttura
E invece…
La realtà, in brevissimo tempo, si rivelò molto diversa.
Il mio progetto, unico e dalle potenzialità importanti, non fu esattamente riconosciuto come tale. Per i miei clienti, in particolare le Aziende Sanitarie, io ero esattamente come gli altri.
Mi aspettavo che SPIEGANDO loro i miei punti di forza, loro avrebbero capito…
Come ero ingenuo!
E non parliamo dei privati! Famiglie distrutte, problemi che ti farebbero impallidire se li raccontassi, che avrebbero trovato ristoro semplicemente affidando a me i propri cari, che non riuscivano a vedere altro che la solita struttura-parcheggio e non ne capivano il senso evolutivo.
Ora, sarò sincero fino all’osso: ero SICURO che fosse colpa loro.
L’Azienda Sanitaria con le sue dinamiche interne, i suoi favoritismi, nepotismi, intrallazzi.
E le Famiglie, incapaci di ascoltare, di vedere un futuro migliore di quello che gli si prospettava.
ERA TUTTA COLPA LORO.
E per colpa loro, ad un certo punto, ho dovuto chiudere.
Avevo sei dipendenti, sei famiglie che si reggevano sullo stipendio che versavo tutti i mesi.
E poi c’eravamo noi soci, che per sei mesi abbiamo lavorato gratis (anzi, spendendo soldi personali) con ritmi disumani per ridurre le spese di personale…
…in attesa del miracolo, mentre ce la prendevamo con chi non capiva…
Ovviamente l’azienda è fallita.
Ognuno dei soci si è portato a casa un bel gruzzoletto da pagare.
E ci siamo portati dietro rabbia, frustrazione. Non sapevamo più a chi dare la colpa.
Poi un giorno mi venne in mente una frase di una canzone (brutta, non te lo dico il titolo).
Il verso recita: “forse è colpa nostra che non mettiamo esposti i nostri quadri in questa mostra nella maniera giusta”
Lo so, sembra una cosa stupida.
Tieni presente che in quel periodo io ero… a pezzi!
lavoravo come dipendente in un posto che odiavo (e che fino a poco prima era stato il mio concorrente) e mi sentivo il peggior padre di famiglia di sempre.
Vivevo sottotono. Anzi, quasi sottoterra. Avevo fallito, mi sentivo un fallito. Non avrei potuto fare più nulla nella vita.
E poi… un momento, minuscolo e quasi insignificante, di illuminazione: e se, semplicemente, la mia azienda fosse fallita per COLPA MIA?
Comprenderai che non era un pensiero facile da accettare, mi ci sono voluti mesi per farlo mio.
E in quei mesi è successo che ho deciso di informarmi.
Cosa avrei potuto fare per salvare la mia azienda, il mio sogno?
Cosa ho tralasciato totalmente, che invece sarebbe stato vitale?
Beh, se sei sul Blog del Sarto la risposta la conosci già.
In altre parole, io avevo un progetto bellissimo e unico, innovativo. Era stato accolto con molto interesse da enti nazionali e internazionali. Avevo collaborazioni strette con personaggi di spicco dell’ambiente.
Era tutto BELLISSIMO.
E io ero certo che bastasse. Che i miei clienti se ne sarebbero accorti da soli, e che avrebbero accolto una eventuale mia spiegazione (magari sul sito internet) come la soluzione ai loro problemi.
Ed io ERO la soluzione! Quindi, ero convinto che questo fosse tutto. Che bastasse ad avere un’azienda sana e in crescita.
E invece…
Non avevo capito un bel niente!
A cosa serve il progetto più bello del mondo se al tuo pubblico, al tuo potenziale cliente, non viene fornito tutto ciò che è necessario per comprenderlo? Come avrebbero fatto i miei potenziali clienti a fidarsi di me SOLO PER LE MIE BELLE PAROLE?
L’ho già detto: ero ingenuo. Ed ero IGNORANTE: non conoscevo nulla sulla Comunicazione.
E quando ho iniziato a studiare… beh, sono successe due cose:
- Ci ho messo pochissimo a capire che – senza ombra di dubbio – la mia azienda era fallita perché non aveva saputo comunicare il proprio valore;
- Mi sono messo a studiare come un matto.
Non avevo un vero obiettivo: studiavo per vendetta.
O per cercare di ledere il mio senso di colpa.
O semplicemente per esorcizzare il male che mi portavo dentro.
E più studiavo, più sentivo il bisogno di fare altro.
Di rimettermi in piedi e di portare le mie conoscenze a chi, come avevo fatto io, stava facendo morire un bellissimo progetto per incompetenza.
Sognavo, ma non avrei mai immaginato di iniziare a farlo.
E poi, un giorno, ad una cena, ho incontrato Enrico, che non vedevo da un pezzo.
Un anno e mezzo dopo sono nati i Sarti.
Lo studio mi ha riacceso la lampadina: avevo fallito, ma avrei potuto ricominciare da zero, in un nuovo settore, che mi stava appassionando come nulla nella vita, senza la certezza di non fallire… e senza la paura di spingere sempre di più verso il meglio.
Ricordo lo scambio tra me e Enrico:
“Umberto, hai pronto il Piano B?”
“…veramente no…”
“benissimo, allora lavoriamo insieme”
Ecco quindi un pezzo della storia del Responsabile Tutor del Laboratorio dei Sarti.
Un po’ strappalacrime? Che ci vuoi fare, Umberto è un sentimentalone.
Ma ora asciuga le lacrime e tirati su le maniche: cosa ci insegna questa storia?
Che puoi avere il miglior progetto del mondo, il miglior prodotto o il miglior servizio, ma se non hai un Metodo per Comunicare con i tuoi potenziali clienti…
…chiudi. Fallisci. Adios!
Ora tu puoi fare come Umberto in quel tempo: aspettare che sia troppo tardi.
Oppure puoi metterti subito a studiare le migliori strategie per far crescere la tua Azienda grazie alla Comunicazione!
Essere informati e formati, stare al passo con i tempi e sempre sul pezzo è NECESSARIO per ogni tipo di azienda, pena il fallimento.
Ora sei qui, sul mio Blog, quindi è molto probabile che di fallire proprio tu non ne abbia voglia.
E allora… non fermarti!
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Il Sarto